Un
aneddoto che mi ha fatto riflettere: La scorsa settimana è venuto un ragazzo a
guardare l'allenamento a Chiavari (combinazione voleva vedere l'allenamento di
grappling, mentre facevamo libera....bah).
Premesso:
la palestra d'estate è un forno, ma noi si lotta un'ora e mezza in continuo
(pause un po' quando si vuole), più "richiamino" a fine allenamento.
Finita
la sessione il ragazzo, in tutta onestà mi fa, "vi allenate troppo
duramente non fa per me.."
Negli
spogliatoi accenno la cosa a Nico (50 anni di lottatore con un fisico e ritmo
invidiabile) di fronte al suo stupore - per lui come per me quello è un
allenamento ludico non certo un allenamento duro - rispondo nico guardati
attorno, siamo sempre la stessa cazzo di gente, i tuoi parametri sono tarati su
individui simili a te, che si allenano così da una vita, la norma è altra cosa,
ci sarà un motivo se in questi anni si aumenta se va bene di un'unità all'anno.
Riflettendoci a posteriori dico: Lottare (ma immagino sia così anche in altri
ambienti) è faticoso e selettivo, costa sacrifici in termini di tempo e
relazioni, altera il modo di vedere gli altri e te stesso, cambi radicalmente i
termini di raffronto, amicizie, frequentazioni, percezione delle cose e dei
bisogni, il quotidiano viene pesantemente influenzato da questa condizione.
Cambia la soglia del dolore, la soglia della paura, crea anche una sorta di
visione eugenetica - nulla di razziale per carità - ma comunque dai per
scontate cose che nella realtà non lo sono affatto (non so quanto questo sia un
bene...anzi, in futuro scriverò un articolo sull'argomento).
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